Nel mercato della moda, l’innovazione tecnologica, il fashion tech, è elemento disruptive da diversi punti di vista: provoca una frattura rispetto al passato, crea opportunità che prima non esistevano o erano, semplicemente, impensabili, mette a disposizione strumenti, metodologie e risorse per superare nuove sfide e ostacoli imprevisti.
Secondo lo State of Fashion Technology Report 2022 di McKinsey, le aziende di moda che hanno integrato (o integreranno nell’immediato futuro) il fashion tech nei loro modelli di business vedranno entro il 2030 un aumento complessivo del cash flow pari al 118%, a fronte di un calo relativo del 23% che registreranno invece i brand in ritardo sulla trasformazione digitale.
Tre sfide in particolare minacciano la crescita delle imprese che operano nel settore del fashion, sfide che rappresentano allo stesso tempo altrettante opportunità di crescita; sono quelle relative a:
Le soluzioni fashion tech messe a punto da SDG Group permettono di superare queste sfide attraverso l’applicazione di modelli predittivi fondati su analytics e intelligenza artificiale e grazie a una integrazione a tutto tondo, non solo delle infrastrutture ma soprattutto dei dati provenienti dalle diverse aree aziendali.
Matteo Verdari, Head of General Business di SDG spiega come le politiche aziendali che tutelano effettivamente l’ambiente riguardino sempre di più l’utilizzo dei dati, l’ottimizzazione dei processi e le azioni di business: “Dati da una parte e azioni di business dall’altra. I dati servono da un lato a riempire meglio i camion, a evitare le vie aeree, a decentralizzare i trasporti attraverso triangolazioni attentamente studiate e dall’altro a implementare specifiche azioni di business, come per esempio stabilire rapporti con trasportatori totalmente green (trasporto su gomma e totalmente elettrico) o puntare sulla ricerca di nuovi materiali (in special modo materiali sostenibili e a impatto zero). La sostenibilità non è soltanto un tema di volontà interna, ma anche di integrazione e sensibilizzazione di tutto il network”.
L’approccio di SDG Group si basa sui più alti valori di social responsibility ma è anche decisamente pragmatico. “Una volta iniziate le misurazioni, – sostiene Verdari – dopo aver stabilito il ground zero e definito un obiettivo realistico rispetto a un certo aspetto, per esempio il consumo di CO2, si tratta di progettare le azioni che permetteranno di intervenire su quell’aspetto, fino al raggiungimento dell’obiettivo prefissato.”
“Le aziende del fashion hanno molto a cuore il benessere di chi lavora all’interno delle loro strutture” – conferma Paolo Cavagnini Head of Fashion & Retail di SDG – e poter contare su una panoramica completa del patrimonio informativo aziendale consente di avere una visione puntuale su contratti, subappaltatori, terzisti, privilegiando quei rapporti che garantiscono alti standard di trasparenza e di equità”.
Inoltre, grazie ai dati, che consentono fact-checking approfonditi, SDG Group aiuta a demistificare il green washing: permette di documentare in maniera seria, fornendo delle evidenze numeriche, i risultati delle azioni effettivamente intraprese. Una struttura di appoggio di tutte queste azioni misurabili e confrontabili – un vero e proprio desktop di controllo – rende credibile la comunicazione della sostenibilità. È questo un passaggio decisivo: un segmento crescente di consumatori sta infatti sviluppando curiosità e senso critico, sottraendosi agli “effetti speciali” delle iniziative di cosmesi ecologica. E questa progressiva presa di coscienza, a sua volta, influenza la composizione degli assortimenti.
“È grazie al dato che capiamo di che cosa ha bisogno il consumatore tout court – conferma Cavagnini – e in questo senso quello che facciamo è spostare il punto di vista: l’attenzione non si concentra più su quale prodotto soddisfa un fabbisogno ma sull’individuazione del fabbisogno da soddisfare. L’approccio di SDG Group è volto a rendere la strategia timeless, a svincolarla dall’attualità o dall’immediato futuro, indirizzandola unicamente alla definizione dei fabbisogni del cliente”.
Se da un lato la metodologia che SDG Group mette a disposizione dei suoi clienti ha come obiettivo l’empowerment del consumatore, dall’altro permette di valutare in tempi brevi se l’azienda è in grado di soddisfare tutti i suoi consumatori, se alcuni segmenti non vengono raggiunti e se le persone raggiunte produrranno valore reale. In altri termini: il fashion tech di SDG Group favorisce la qualificazione del target.
Realizzare un sample ha costi elevatissimi: il sample non si esaurisce nella proposta di un nuovo bozzetto, ma racchiude l’intera attività di ingegnerizzazione del prodotto che è poi destinato alla sua produzione in serie. Si tratta di attività fortemente energivore che producono un impatto sia sull’aumento dell’invenduto sia sull’ambiente. Come chiarisce Cavagnini: “Una previsione sbagliata sulla merce immessa sul mercato, con prodotti che per qualche motivo sono invendibili, comporta enormi costi di smaltimento e il rischio di critiche molto severe da parte dei consumatori più accorti e sensibili al tema”.
Nel tentativo di ottimizzare le vendite e di ridurre i tempi di consegna, il fashion tech sta sempre più digitalizzando (e automatizzando) una serie di processi core: dal design, alla promozione, alla produzione degli articoli finali. Le metodologie sviluppate da SDG Group mirano a ridurre sensibilmente il numero dei sample, riportando il consumatore al centro.
Se sostenibilità, empowerment del consumatore e produzione on demand sono le tre sfide a cui i brand non possono sottrarsi, la vera tematica del fashion tech su cui devono concentrare sforzi e investimenti è sicuramente quella dell’integrazione.
Secondo Matteo Verdari “le aziende del fashion – da sempre dominate da azioni di branding, in cui gli elementi trainanti sono il nome del brand e il mood che il brand genera – si trovano oggi di fronte all’esigenza di mettere il funzionamento interno dell’organizzazione in cima alle loro preoccupazioni”.
Le aziende che negli ultimi anni sono state capaci di evolversi, raggiungendo dimensioni rilevanti, sono riuscite a migliorare i loro risultati grazie a due fattori: hanno coniugato elementi imprescindibili di creatività e una strutturazione sempre più capillare di attività e di informazioni. In altre parole: hanno integrato con successo dati e processi aziendali.
SDG Group sta lavorando da anni all’integrazione dei dati e delle aree aziendali, con l’obiettivo di fornire insight utili a prendere decisioni informate, su una serie di processi fondamentali: dallo sviluppo del piano finanziario nel breve periodo fino all’elaborazione di un piano strategico di lungo termine, fino alla definizione dei fabbisogni distributivi e degli impatti di questi fabbisogni sulla catena logistica.
Paolo Cavagnini chiarisce il ruolo cruciale giocato dal dato nella ridefinizione dell’organizzazione aziendale: “L’organizzazione spesso nasce per approssimazioni successive. Ogni dipartimento vive per sé stesso, le attività sono moltiplicate innumerevoli volte e alla fine l’obiettivo che si dà la strategia non viene mai raggiunto perché l’informazione si perde nelle pieghe dell’azienda. Noi stiamo costruendo modelli in cui il dato permette di evitare tutto questo, perché pervasivo, ridondato, tendenzialmente allineato alle esigenze di tutte le funzioni”.
“Grazie al nostro approccio – continua Cavagnini – riusciamo a capire quali sono esattamente le questioni da affrontare, quali sono le metodologie e gli strumenti da adottare, quali sono le informazioni che devono transitare all’interno dei dipartimenti. Siamo così in grado di valutare se l’organizzazione che sta alla base dell’azienda può supportare il cambiamento strategico e di capire in quale modo possiamo aiutare il cliente a raggiungere i suoi obiettivi.”