L'analisi dei dati permette ai decision-maker di fare scelte più consapevoli, sia sul fronte aziendale sia su quello politico e sociale. Un approccio che si sta rivelando prezioso anche durante l’emergenza Coronavirus
Quella del Covid-19 è un’emergenza globale, classificata dall’Organizzazione mondiale della sanità come pandemia. Un evento eccezionale, ma non una novità assoluta per l’umanità: dalla peste del XIV secolo all’influenza spagnola di inizio ‘900, sono molte le sfide che abbiamo dovuto fronteggiare e superare nella nostra storia.
Gli insegnamenti del passato, però, non ci sono serviti da monito e anche in questo frangente ci siamo fatti trovare impreparati. Perché l’arrivo di un virus non era, come sostenuto da qualcuno negli Stati Uniti, “a black swan”- un cigno nero, qualcosa di altamente improbabile, ma un evento che si poteva prevedere grazie agli strumenti che oggi sono a nostra disposizione.
Ma non tutto è perduto, perché anche ora che purtroppo l’emergenza globale è in atto, possiamo utilizzare questo stesso approccio analitico per combattere il Coronavirus, grazie a nuove e potenti armi: la ricerca scientifica, certo, ma anche e soprattutto le informazioni. Dalla velocità e crescita della sua diffusione (sappiamo che ogni malato infetta a sua volta tra le 2 e le 3 persone) al numero di contagi e ricoveri, dall’analisi delle aree maggiormente colpite a livello nazionale e globale, fino dalle proiezioni sugli effetti della quarantena e sulle conseguenze economiche e sociali, sono i dati a orientare le scelte dei decision maker in questo momento complesso. Si tratta, semplificando, di guardare il virus in modo matematico.
Per esempio, alcuni governi (come fatto con successo dalla Cina e da Singapore) stanno puntando alla raccolta di informazioni attraverso app e sistemi di telecomunicazione al fine di tracciare i movimenti dei cittadini. Questo perché stiamo prendendo misure eccezionali e servono feedback, in forma di informazioni, in grado di aiutarci a verificarne gli effetti. In particolare, gli obiettivi sono due: provare a predire l’evoluzione geografica della pandemia sulla base degli spostamenti delle persone e verificare se le misure prese sono rispettate, al fine di poterne valutare la reale efficacia. La sfida europea (per ora vinta) è anche quella di fare tutto ciò preservando la privacy dei cittadini e seguendo le regole del GDPR. Con questi dati a disposizione è possibile prendere provvedimenti e decisioni più informate e ed efficaci.
Che questa forma mentis sia consigliabile non è una novità, ma un approccio di questo tipo è ancora troppo poco diffuso sia nel pubblico che nel privato. I dati, infatti, non sono una risorsa solo per decisori politici e istituzionali, ma anche per aziende, comunità e singoli cittadini, per poter guardare al futuro con consapevolezza e nuove certezze.
Ogni giorno abbiamo a disposizione in bytes 40 volte il numero di stelle osservabili nell’universo. È fondamentale, dunque, non solo essere in possesso di informazioni, ma anche essere in grado di individuare quelle che ci servono, interpretarle e riuscire a utilizzarle a nostro vantaggio. Un compito non semplice, ma per fortuna la tecnologia viene in nostro soccorso: grazie a sistemi di intelligenza artificiale, algoritmi e modelli matematici è possibile individuare nei dati pattern e comportamenti ricorrenti, creando correlazioni che possono favorire intuizioni e guidarci nel prendere decisioni rapide ma soprattutto corrette.
I dati sono gli ingredienti, mentre le tecnologie rappresentano gli strumenti che ci occorrono per trarne il massimo. Ma manca ancora qualcosa: un processo preciso e una cultura che promuova un approccio analitico, basato su spirito critico, curiosità e condivisione.
Sia sul piano politico e istituzionale, sia in quello privato e aziendale, per trarre vantaggio dai dati è importante considerarli come fattore strategico, e non meramente tecnico, non sottovalutando nessuna fase del processo.
Innanzitutto, è fondamentale definire dal principio i propri obiettivi strategici e indirizzare la ricerca in dati e informazioni realmente utili.
È necessario prestare grande attenzione alla raccolta, assicurandosi di disporre di fonti attendibili e, in seguito, applicare precisione e spirito critico all’analisi, sfruttando anche gli strumenti di Data Science, Machine Learning e Intelligenza artificiale messi a disposizione dall’evoluzione tecnologica.
A questo punto c’è la fase di Data Visualization, processo con cui i dati vengono confezionati e mostrati in una dimensione ordinata e comprensibile, che possa stimolare riflessioni e aiutare a trarre considerazioni e conclusioni corrette.
Solo a questo punto siamo pronti per prendere decisioni o evolvere le nostre convinzioni se i dati suggeriscono di cambiare strada.
Possiamo dire che quello data-driven è un processo decisionale basato non solo sulla conoscenza, ma anche sulla fiducia: i dati ci aiutano solo se sono corretti, se siamo in grado di ascoltarli e disposti a fidarci di loro.
Le aziende iniziano a comprendere la ricchezza che possono generare i dati, non solo in termini economici, ma anche strategici.
Secondo un’indagine condotta negli Stati Uniti nella primavera del 2019, su oltre mille dirigenti di grandi aziende americane, nel 75% delle organizzazioni la capacità analitica è migliorata rispetto all’anno precedente e il 70% degli intervistati crede che l’analisi dei dati sia destinata ad avere un ruolo sempre più importante dei prossimi tre anni. Allo stesso tempo, però, lo studio dimostra come non sempre, all'interno dei team aziendali, si disponga delle competenze per raccogliere le informazioni utili e osservarle nel modo corretto per estrarne il valore che possono generare. Il 63%, infatti, non crede che le loro aziende siano guidate dall'analisi e il 67% afferma di non sentirsi a proprio agio ad accedere o utilizzare i dati a disposizione. Ma il problema non è tecnico: solo il 5% ha citato la tecnologia tra le cause del problema mentre il 95% ha attribuito le difficoltà a questioni culturali, organizzative e di processo.
È in questo contesto che opera SDG Group.
"Dalla dichiarazione della missione aziendale abbiamo caratterizzato la nostra proposta di consulenza e di servizi professionali alle aziende attraverso l'approccio che oggi viene riassunto da slogan come data-driven, data-first, data-science. L’obiettivo è trasformare i dati aziendali in asset strategici per migliorare l'efficienza dei processi aziendali, favorire la risoluzione dei problemi e supportare il management nella programmazione e nel decision-making process.”
Il nuovo Coronavirus ci sta dando una nuova conferma, se ancora ce ne fosse bisogno, dell’importanza dei dati per prendere decisioni. È necessario, prestare attenzione al numero dei malati, alla percentuale di tamponi effettuati sul totale di chi presenta sintomi, a dati reali sui decessi e le loro cause. I numeri e le loro proiezioni hanno spinto i governi del mondo a ricorrere a misure drastiche per fronteggiare l’emergenza, anche a costo di bloccare interi Paesi sul fronte economico e sociale.
Anche SDG Group, nell’emergenza in corso, sta dedicando le sue migliori risorse in un progetto che, a partire dai dati, ha lo scopo di limitare la diffusione del Covid-19. Una delle molte sfide da affrontare, infatti, è quella di trovare e monitorare gli individui potenzialmente positivi, limitando nel contempo il rischio di esposizione degli operatori sanitari e degli altri individui. La soluzione proposta, “DocDot”, integra, tra gli altri componenti, un’APP di fotopletismografia remota israeliana, che consente il monitoraggio remoto in real-time dei parametri vitali fondamentali nella diagnosi di problematiche respiratorie come frequenza, saturazione dell’ossigeno, frequenza cardiaca e variabilità del battito, il tutto utilizzando semplicemente la fotocamera dello smartphone. Una volta acquisiti i dati, l’applicazione fornisce un’overview dei risultati e offre una vista dettagliata dell’andamento storico e grafici di immediata comprensione sull’andamento dei parametri. Ma non è tutto: in questa fase delicata l’applicazione permette anche di fare un triage a distanza, con personale qualificato, dei pazienti con sospetto COVID-19. A questo punto SDG Group mette a disposizione la sua infrastruttura per la raccolta e l’analisi dei dati e i suoi Data Scientist per analizzare le informazioni e applicare modelli utili a definire le dinamiche di contagio e gestire nel tempo le opportune azioni per limitare i rischi.
Intanto anche i colossi come Facebook e Google sono scesi in campo mettendo a disposizione i dati in loro possesso, per comprendere la diffusione del virus a partire da dati su mobilità e per individuare le strutture proteiche del virus.
Oggi cominciamo a preparaci a guardare la situazione anche dai primi dati positivi: il numero dei guariti, le ricerche scientifiche in atto per individuare cure, terapie e vaccini e l’impatto delle tecnologie nella lotta alla pandemia. Ecco che i dati possono fornire uno strumento importante per affrontare l’emergenza con una consapevolezza diversa: avere le informazioni giuste e complete ci permette di guardare il domani con più consapevolezza, nuove prospettive e soluzioni e, perché no, con un nuovo e ritrovato ottimismo.