Con l’affermazione e la maturità dei servizi erogati in cloud, un numero crescente di aziende sta adottando l’approccio cloud first per le scelte che riguardano i sistemi informativi.
Secondo dati degli Osservatori Digital Innovation del Politecnico di Milano, la spesa complessiva in Cloud si è attesta a 3,84 miliardi di euro nel 2021, in crescita del 16% rispetto al 2020 malgrado la pandemia. La componente di public e hybrid cloud è quella che è cresciuta di più, toccando i 2,39 miliardi di euro, in crescita del +19%.
Fig.1 - L'evoluzione del mercato Cloud in Italia dal 2018 al 2021
Ma cosa s’intende per approccio cloud first? Significa aver disegnato una strategia precisa per sfruttare il cloud su larga scala per migrare in tutto, o in buona parte, le applicazioni e l’infrastruttura di core business sulle piattaforme di cloud pubblico, privato o ibrido.
Benché sia spesso necessario continuare ad avere un data center aziendale per ospitare applicazioni legacy o critiche sui fronti della latenza di rete e delle compliance normative, utilizzare il cloud rappresenta oggi un’urgenza per buona parte del top management aziendale. Secondo i dati contenuti nel report “La Cloud Transformation in Italia nel 2021” degli Osservatori, c’è interesse a incentivare l’adozione del cloud da parte del 46% dei CIO/CTO, del 27% degli IT manager e del 10% dei CEO.
Fig. 2 – Le figure che spingono verso l’adozione del Cloud
Le aziende che scelgono d’essere cloud first danno priorità alla nuvola per ogni progetto, sviluppo software o aggiornamento dei servizi informativi esistenti che realizzano. Una scelta che ha ottimi motivi.
Velocità d’implementazione, prestazioni scalabili e controllo dei costi sono i principali vantaggi che l’approccio cloud first offre nella gestione dei nuovi progetti.
L’accesso in tempi rapidi e in modalità pay-per-use alle risorse d’elaborazione necessarie rende il cloud molto adatto al supporto dei nuovi servizi digitali, che servono per integrare la supply chain o per sviluppare rapporti sempre più diretti con i clienti. Servizi di cui non è facile prevedere i livelli d’uso e, di conseguenza, il carico d’elaborazione.
La possibilità di evitare investimenti in risorse IT sulla base di mere ipotesi consente al business d’essere più agile, di sperimentare le opportunità del mercato, azzardare progetti con la certezza di poter avere più risorse IT in caso di successo oppure, all’opposto, di tornare sui propri passi senza conseguenze di lungo termine.
Con l’impiego del cloud, i nuovi progetti possono avvalersi delle più moderne tecnologie di sviluppo basate su microservizi e sfruttare via API (Application Programming Interface) la vasta gamma di funzionalità allo stato dell’arte offerte dai provider in “as-a-service”. Parliamo, in particolare, delle funzioni per fare analisi avanzate su big data, per usare il machine learning e l’intelligenza artificiale, per ottenere salti di qualità nelle capacità di anticipare i trend del mercato, monitorare il sentiment dei clienti, ottimizzare le produzioni o abilitare servizi di manutenzione predittiva.
La recente apertura, sia da parte di cloud provider italiani sia internazionali, di data center basati nel nostro Paese va a colmare un gap rilevante nei servizi per la digitalizzazione delle imprese locali. Risponde inoltre alle esigenze di settori fortemente regolamentati (per esempio in ambiti di pubblica amministrazione e sanitari) dove contano anche gli aspetti di sovranità sui dati e di collocazione geografica dei server.
Strategia cloud first e servizi in cloud non servono soltanto a tenere sotto controllo gli investimenti IT oppure per accedere a risorse inarrivabili anche per i budget delle grandi aziende. Aiutano a far crescere il valore dei team IT nel supporto al business, riducendo l’impegno nella gestione infrastrutturale e delle applicazioni.
La strategia cloud-first si accompagna con l’adozione delle moderne logiche cloud-native, che permettono di sfruttare nel migliore dei modi sia le risorse on-premise sia quelle in cloud, attraverso infrastrutture virtualizzate e software-defined capaci di automatizzare provisioning, deploy software e gli spostamenti dei carichi di lavoro.
Un cambiamento che richiede l’acquisizione delle competenze per impiegare i container software, per gestire gli ambienti ibridi mediante orchestratori, per modernizzare l’architettura applicativa attraverso i microservizi. Disegnare applicazioni a microservizi significa spezzare le capacità funzionali in tante parti indipendenti e comunicanti tra loro e con l’esterno via API. Questo permette di avere applicazioni più flessibili, smontabili e rimontabili in modo differente all’emergere di nuove esigenze.
La strategia cloud-first, in affiancamento con logiche a microservizi, offre la base per applicare nel lavoro IT le moderne metodologie DevOps e DevSecOps, con cui è possibile garantire alti livelli d’automazione nella gestione del ciclo di vita dei servizi digitali. Un contributo importante per garantire la rapida traduzione delle istanze degli utenti in supporti applicativi funzionali che siano anche efficaci e sicuri.